Farro di Monteleone di Spoleto

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Farro di Monteleone di Spoleto

Farro di Monteleone di Spoleto

Farro di Monteleone di Spoleto

T. turgidum L. subsp. dicoccum Schubler

RISCHIO DI EROSIONE Medio

DESCRIZIONE La cultura del farro a Monteleone di Spoleto ha profonde radici sociali e religiose. Alla vigilia della festa di S. Nicola, il 5 dicembre, si pratica tradizionalmente un rituale insieme religioso e laico incentrato sul farro. La varietà locale coltivata da tempo immemorabile nel territorio ha caratteristiche molto particolari, tra cui la consistenza prevalentemente
vitrea del seme, tanto che il prodotto risulta facilmente riconoscibile da altre varietà coltivate altrove. Non necessita di accumulo di freddo per andare in
spigatura, quindi può essere seminata a fine inverno, caratteristica che ne consente l’adattamento ad ambienti montani. Nel 2007 il Farro di Monteleone di
Spoleto ha ottenuto la certificazione DOP.

CENNI STORICI [Sintesi dell’articolo “Il Farro di Monteleone di Spoleto: pratiche, ritualità e identità alimentari” della prof.ssa Cristina Papa, Dipartimento Uomo e Territorio, Università degli studi di Perugia (in: Falcinelli et al., Monteleone di Spoleto e il suo farro)]. Una ricerca a ritroso nel tempo, oltre la profondità della memoria degli informatori che si ferma al secolo scorso, consente di verificare che fin dal Cinquecento la coltivazione del farro era largamente praticata a Monteleone di Spoleto, insieme a quella dello spelta. La diffusione del farro è andata via via riducendosi a favore di altre specie “nude”. Nonostante questo processo, in molte zone dell’Umbria il farro ha continuato ad essere coltivato fino a tutto l’Ottocento, come viene segnalato nei materiali preparatori dell’inchiesta Jacini, nei territori di Perugia, Foligno, Rieti in cui si rilevava, tuttavia, una contrarietà a questo genere di coltura da parte dei contadini, che ritenevano isterilisse i loro terreni, probabilmente a causa delle modalità di rotazione utilizzate. Oggi la Valnerina, e in particolare il territorio di Monteleone di Spoleto, è restata l’unica zona dell’Umbria e una delle poche in Italia dove non risultano essersi interrotti nei secoli la coltivazione del farro e il suo uso per l’alimentazione umana, anche se hanno subito nel tempo una evoluzione che li ha portati ai minimi storici negli anni Settanta. Mangiare il farro significava mangiare quello che si produceva, “quello che cacciava la casa”. Bisognava mangiarlo perché “non c’era altro”, ma appena se ne avevano le possibilità, e ciò avvenne con più frequenza a partire dal secondo dopoguerra, si sfuggiva dalla monotonia e dalla necessità del suo uso. Il fatto di mangiare farro divenne motivo di derisione, tanto che gli abitanti di Trivio, una frazione situata nella parte più montuosa del comune, venivano chiamati “mangiafarre”. La cultura del farro a Monteleone di Spoleto ha profonde radici sociali e religiose, essendo vissuto come cibo simbolo della vita comunitaria e della condivisione delle risorse. Alla vigilia della festa di S. Nicola, il 5 dicembre, si pratica tradizionalmente un rituale insieme religioso e laico incentrato sul farro. Viene distribuita alla popolazione minestra di farro sulla cui ricetta e preparazione sovrintende il parroco con l’aiuto di alcune donne. Dopo la celebrazione di una funzione religiosa, il parroco benedice la minestra e la distribuisce alla popolazione. Per devozione a san Nicola, protettore dei bambini, questi vengono serviti per primi, mentre gli adulti ne ricevono una porzione che consumano poi a casa. Ė nella seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso che inizia il processo di valorizzazione, in una stretta relazione tra un innovativo agricoltore di Monteleone di Spoleto che sperimenta la pulitura e frantumazione del farro con macchinari di sua invenzione, i ricercatori del CEDRAV e una antica drogheria perugina che si occupava della sua commercializzazione. Nel 2007 il Farro di Monteleone di Spoleto ha ottenuto la certificazione DOP.

ZONA TIPICA DI PRODUZIONE L’area di diffusione è tradizionalmente individuata nell’area montana (di altitudine maggiore o uguale a 700 m s.l.m) dell’area sud est della Provincia di Perugia e comprende: l’intero territorio dei comuni di Monteleone di Spoleto e Poggiodomo e parte del territorio amministrativo dei comuni di Cascia, S.Anatolia di Narco, Vallo di Nera e Scheggino, come dettagliato nel disciplinare del marchio DOP. Si tratta di un altipiano con lunghi inverni molto rigidi con frequenti gelate che si protraggono fino a maggio, si alternano a pochissime settimane estive con elevate temperature diurne. Il terreno è alluvionale carsico, mediamente dotato di sostanza organica, con elevata dotazione di fosforo e bassa disponibilità di potassio. La perimetrazione del comprensorio è stata individuata sulla base delle peculiarità di clima e suolo sopra descritte, al fine di garantire le proprietà organolettiche del prodotto.

UTILIZZAZIONE GASTRONOMICA Può essere consumato come primo, secondo, contorno, piatto freddo o piatto unico, considerando che deve essere tenuto a bagno per circa 48 ore o un minimo di 12 prima di portarlo a cottura per due ore circa. Il farro decorticato e quello triturato, che non necessitano di essere lasciati a bagno, cuociono in un tempo minore, generalmente compreso fra 20 e 30 minuti. È consigliabile attendere un po’ prima di unire il farro al condimento, per permettergli di assorbire l’acqua e gonfiarsi al punto giusto. Il farro di Monteleone è Ricco di vitamine e sali minerali, ed è un ingrediente fondamentale per zuppe e minestre energetiche e rinfrescanti, oltre che di molti piatti tipici locali quali l’imbrecciata, la polenta alla Valnerina, la ricetta di San Nicola.