Castagna N’zita

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Castagna N’zita

Castagna N'zita

Castagna n’zita

Castanea sativa

CENNI STORICI ED AREA D’ORIGINE
I castagneti da frutto sono caratterizzati da popolazioni varietali o da cultivar di biotipi locali, quasi sempre propagati per innesto che rendono estremamente eterogeneo il patrimonio castanicolo nazionale e regionale (Bagnaresi, 1977). Nelle Marche l’area di elezione per il castagno coincide con l’area montana caratterizzata da suoli arenacei o marnoso arenacei limitata all’alto Montefeltro (PU) (es. Lunano) ed alle valli del Tronto, del Fluvione e dell’Aso nelle provincie di Fermo e di Ascoli Piceno soprattutto nell’area di pertinenza dei Monti della Laga e nelle aree non calcaree dei Monti Sibillini. Uno studio sulle cultivar di queste zone lo si deve a Gabriele Guidi (Comandante Gruppo di Pesaro Carabinieri Forestale) che negli anni ’90 raccoglie una serie di informazioni storiche e colturali in collaborazione con alcuni castanicoltori locali (Guidi, 1993; 1997…). La coltivazione di varietà locali è riportata già nel primo ventennio del secolo scorso sia da Vigiani (1908 e 1923) che ne indentifica 6 e da Piccioli (1922) che ne riporta 7 fra cui l’Inserta o In’zita. Quest’ultima viene così descritta: “a foglie ovato allungate, acute, ineguali alla base, verdi anche di sotto, a denti poco profondi, con mucrone mediocre: castagne lunghe 33 mm e alte 28 con ilo ampio”. Un ampio e dettagliato studio sulle migliori cultivar di castagno italiane (Breviglieri, 1955) evidenzia zone di eccellenza nell’alto Piceno sia per i marroni (6 cultivar individuati, fra cui quello tipico di Acquasanta, attribuite prevalentemente alla linea del marrone toscano) che per le castagne (2 cultivar). Una di queste è la Zita Gentile del Comune di Acquasanta Terme così descritta: “Castagna grande, ovale. Appuntita, di colore marrone scuro, abbastanza regolare, apice semi-prominente, peloso, torcia media. Ilo grande a contorno sinuoso, assai scabroso, con raggiatura grande, a raggi lunghi. Le castagne dei campioni esaminati hanno forma molto variabile e irregolare”.
Gli studi di Guidi degli anni ’90 (1993-1997) ripartono dalle caratterizzazioni pregresse e riferiscono l’individuazione di altre tre cultivar due nel territorio di Acquasanta Terme (Castagna gentile e Pallante) ed una in quello di Montegallo (Primutica) portando a 10 il numero di entità varietali. La N’zita viene definita “varietà interessante per pezzatura e caratteristiche organolettiche, ritenuta di valore commerciale medio, diffusa prevalentemente nell’acquasantano”.
Nel 2006 ASSAM nell’ambito del PSR 2000-2006, misura M “Commercializzazione di prodotti agricoli di qualità” sottomisura 1 “Valorizzazione dei prodotti tradizionali e di qualità” realizza uno studio finalizzato alla proposta di un disciplinare di produzione per il “Marrone della Laga e dei Monti Sibillini”. Tale proposta è sollecitata da alcuni castanicoltori locali riuniti poi nell’Associazione dei produttori e trasformatori della castagna e del marrone della Laga e dei Monti Sibillini insieme a Provincia di Ascoli Piceno, Comunità Montana del Tronto e il comune di Acquasanta Terme. A tale scopo vengono predisposti due studi uno sul patrimonio varietale e aspetti normativi della castanicoltura marchigiana (Guidi 2006) ed uno sulla diffusione e consistenza delle colture castanicole nell’area di riferimento (Agostini 2006). Viene ammessa la varietà Marrone che include gruppi con differenze dimensionali e cromatiche ma riconducibili al marrone fiorentino-casentinese-toscano. Sono individuati due tipi: uno di maggiori dimensioni e tonalità di colore più scuro ed uno di dimensioni inferiori e tonalità più chiara. È evidente che il marrone della Laga e dei Monti Sibillini comprende diverse cultivar locali e deve intendersi come un marchio di qualità locale per incentivare la produzione e la commercializzazione di marroni in un ampio territorio che include i comuni di Amandola, Smerillo, Montefalcone Appennino, Force, Rotella, Venarotta, Palmiano, Comunanza, Montefortino, Montemonaco, Montegallo, Roccafluvione, Ascoli Piceno, Folignano, Acquasanta Terme e Arquata del Tronto.

AREA DI DIFFUSIONE
Secondo Guidi (1993, 1997, 2006) nei comuni di Acquasanta Terme, Arquata del Tronto, Montegallo, Montemonaco, Roccafluvione sarebbe presente il 90% della superficie castanicola della provincia di Ascoli Piceno. Secondo tale autore a Pozza e Umito di Acquasanta Terme, vegetano alcuni dei più pregevoli castagneti della regione. Un censimento sui castagneti da frutto nell’Unione Montana del Tronto e di Valfluvione è stato predisposto nel 2015 nei comuni di Ascoli Piceno, Acquasanta Terme, Arquata del Tronto e Valfluvione (Santini, 2015). Sono stati censiti 512,8 ha di castagneti da frutto in attualità di coltura, di cui 2,5 ha sono di nuovo impianto, 5,1 ha provengono dalla conversione del castagneto ceduo e 505,2 ha sono tradizionali (bosco). Nel comune di Acquasanta Terme il censimento si è svolto nella maggior parte delle frazioni per un totale di 362,5 ha; in quello di Arquata del Tronto nelle frazioni di Trisungo e Faete per un totale di 72,6 ha. Nel comune di Roccafluvione esso si è svolto nelle frazioni di Meschia e Scalelle per un totale di 17,9 ha. Infine, nel comune di Ascoli Piceno sono stati censiti alcuni castagneti presenti nelle frazioni di Cervara, delle Piagge, di San Marco e di Colle per un totale di 59,7 ha. In totale sono stati individuati 222 conduttori in gran parte attivi. Secondo Santini Ascenzio, castanicoltore locale (com. pers.), l’incidenza produttiva delle cultivar sarebbe: Marrone classico >50%, Marrone rugoso 20%, Marrone gentile 10%, Castagna N’zita 3-5%, Castagna Pallante 1%. La presenza di N’zita viene collocata prevalentemente nell’area di Pozza e Umito.

DESCRIZIONE BIOLOGICA ED ESIGENZE PEDO-CLIMATICHE
I castagneti da frutto vegetano su terreni sciolti, ben drenati, neutrofili o debolmente acidi (pH fra 5 e 6,5) che nelle Marche sono quelli generati da substrati arenacei o marnoso arenacei (es. Flysch terrigeni dei Monti della Laga). Mancano in suoli argillosi sia per la loro composizione chimica che per la loro tendenza al ristagno idrico che favorisce il marciume. In genere il castagno evita anche i terreni calcarei se non in presenza di magnesio ed una sufficiente idratazione (alcune aree dei Sibillini). Sono presenti ad altitudini comprese fra i 300 ed i 950 m.s.l.m. e costituiscono, unitamente ai cedui castanili, una fascia pressoché continua interposta fra i querceti termofili e le faggete. la maggior parte verso i quadranti settentrionali pur essendo presenti vari soprassuoli, in genere a quote relativamente elevate, rivolti verso quelli meridionali.

DESCRIZIONE BIO-MORFOLOGICA
ALBERO: di prima grandezza, spesso ultracentenarie, portamento semi-assurgente con fusto colonnare, chioma globosa ma più raccolta rispetto ad altre cultivar locali, sebbene dipendenza dalle potature effettuate. Elevata vigoria.
FOGLIA ADULTA: Le foglie sono alterne, con breve picciolo e due stipole basali oblunghe. La lamina è lunga 16-28 cm e larga 5-10 cm, lanceolata, acuminata all’apice e seghettata nel margine, con denti acuti e regolarmente dislocati. Color verde più brillante nella pagina superiore.
INFIORESCENZA: formata da fiori maschili disposti in amenti eretti emessi all’ascella delle foglie, lunghi 5–15 cm. Più numerosi rispetto ai marroni. I fiori non sono un carattere discriminante fra le diverse cultivar locali
FIORI: sono unisessuati, presenti sulla stessa pianta (ma non interfertili): quelli maschili sono riuniti in piccoli glomeruli e sono di colore biancastro, quelli femminili isolati o riuniti in gruppi di 2-3 nella parte basale dell’amento per facilitare ricezione del polline.
IMPOLLINAZIONE: prevalentemente anemofila ma anche entomofila. Il castagno non è autogamo
FRUTTO – INFRUTTESCENZA: Numero costante di ricci per infiorescenza. 2-3 acheni di forma ellittico-allargata all’interno del riccio caratterizzato da aculei corti (rispetto ad altre cultivar locali). Scarsa pubescenza della torcia. Ampia cicatrice ilare. Dimensioni medio-grandi (da 10-15 g a 16-20g).
CARATTERI DELLA POLPA: polpa color crema chiaro, ricca di amidi, di buon sapore ma meno dolce dei marroni. Adatta per farina e meno per consumo diretto.
PERICARPO (o Perisperma): lucido di colore marrone chiaro con striature lisce più scure sul dorso.
EPISPERMA: tegumento sottile aderente alle frequenti incisioni dell’endosperma e quindi non facilmente asportabile. Frutto non sempre completamente settato.
ENDOCARPO (o Endosperma): di colore crema chiaro con frequente polispermia (poliembrionia) e presenza di incisioni.
FENOLOGIA: schiusura gemme in tarda primavera e fioritura all’inizio dell’estate. 3.5 mesi per completare il ciclo di fruttificazione. Più precoce rispetto ai marroni con raccolta a inizio stagione.
PRODUTTIVITÀ: elevata (80-100 kg di castagne per pianta adulta in buone condizioni. 100-130 kg in piante di 20-25 m di altezza); pezzatura
SUSCETTIBILITÀ O RESISTENZA A FITOPATIE: buona; maggiore rispetto ai marroni
ARCHITETTURA DELLA PIANTA: Albero di prima grandezza con fusto colonnare con rami eretto-espansi e la corteccia di colore grigiastro presenta screpolature più o meno lunghe. La chioma è generalmente globosa-piramidale e la sua forma dipende molto dalle potature effettuate.
RESISTENZA ALLE GELATE: il castagno è una specie tardiva e in generale può resistere fino a -25 °C. Questa cultivar ha una resistenza superiore a quella dei marroni

RACCOMANDAZIONI PER L’IMPIEGO
ZONA D’IMPIEGO: molto diffusa nel comune di Acquasanta e soprattutto nelle frazioni di Pozza e Umito. Costituisce circa il 3-5% del materiale coltivato. In diminuzione per concorrenza dei marroni (maggiore valenza commerciale). Tipica anche nei castagneti da frutto abbandonati

COMPORTAMENTO AGRONOMICO E CARATTERISTICHE TECNOLOGICHE EDORGANOLETTICHE DEL PRODOTTO
I castagneti da frutto vegetano su terreni tendenzialmente acidi, formatisi su substrati arenacei o marnoso arenacei, ad altitudini comprese fra i 300 ed i 950 m.s.l.m. e costituiscono, unitamente ai cedui castanili, una fascia pressoché continua interposta fra i querceti termofili e le faggete; gli stessi risultano esposti per la maggior parte verso i quadranti settentrionali pur essendo presenti vari soprassuoli, in genere a quote relativamente elevate, rivolti verso quelli meridionali. Tutti i castagneti da frutto tradizionali delle Marche sono di fatto considerati bosco secondo la legge forestale n. 6 del 2005 e quindi sono sottoposti alle norme delle Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale (PMPF) specificamente indicate all’art. 32 del capo V (Norme particolari per i castagneti, gli impianti di arboricoltura da legno, le formazioni ripariali e le tartufaie). Nei castagneti da frutto in attualità di coltura sono liberamente esercitabili le seguenti ordinarie cure colturali: a) la potatura di allevamento, formazione, produzione e ringiovanimento, compresa la capitozzatura e la preparazione dei portainnesti; b) l’esecuzione di innesti; c) il taglio della vegetazione invadente e la ripulitura della superficie allo scopo di facilitare la raccolta delle castagne; d) la formazione ed il ripristino di ripiani sostenuti da muri a secco e da ciglioni inerbiti. Altri interventi colturali sono ammessi previa richiesta di autorizzazione o denuncia di inizio lavori come previsto dalle stesse PMPF.
Le tecniche di coltivazione sono quelle tradizionali della zona. In particolare, è vietato l’impiego di fertilizzanti di sintesi e l’uso di fitofarmaci nella fase produttiva. Vengono praticate potature di rimonda e ripuliture del terreno. Gli innesti sono praticati soprattutto a zufolo utilizzando marze di 1-2 anni su portainnesti costituiti soprattutto da polloni.
La raccolta è prevalentemente manuale a terra ed è ancora diffusa la tecnica di conservazione in “ricciara” ovvero cumuli o fosse dove i ricci ancora chiusi vengono stratificati separati da strati di fogliame e rametti e copertura finale con materiale vegetale di ripulitura del castagneto. Il marrone matura lentamente in circa 1 mese ed è poi pronto per il consumo e può conservarsi in modo naturale per circa 1 anno. Altro metodo di conservazione è la “curatura” una sorta di sterilizzazione in acqua e successiva asciugatura.
È una cultivar di buona qualità utilizzata prevalentemente per la produzione di farina e quindi in diminuzione a causa della concorrenza dei marroni locali molto più remunerativi e destinati al consumo diretto o per industria dolciaria.

UTILIZZI GASTRONOMICI
Sebbene di minor valore organolettico per il consumo diretto il frutto trova diversi utilizzi gastronomici locali che ne incentivano la possibilità di valorizzazione sul territorio. Si può impiegare infatti per la preparazione del raviolo dolce di Ascoli Piceno, confetture, ed anche per la preparazione della birra e di altri piatti tipici serviti negli agriturismi locali. Si era costituita un’associazione provinciale di castanicoltori non più attiva.

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